Secondo quanto emerge dal più recente rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), un singolo grande data center basato sull’intelligenza artificiale consuma una quantità di elettricità pari a quella utilizzata da due milioni di abitazioni. Un dato che, da solo, fotografa l’impatto energetico di una delle tecnologie più celebrate – e più energivore – del nostro tempo. Eppure, questo è solo l’inizio: il numero di data center è destinato a moltiplicarsi, e con esso la domanda di energia. L’infrastruttura digitale del futuro richiederà infatti una fornitura elettrica paragonabile a quella necessaria per alimentare centinaia di milioni di nuove abitazioni.
L’AIE, che pure è uno dei principali promotori della transizione energetica globale, nel sintetizzare il proprio rapporto evidenzia che circa la metà di questa nuova domanda sarà soddisfatta da fonti rinnovabili. Tuttavia, solo chi si avventura nelle oltre 300 pagine del documento scopre la verità completa: l’altra metà verrà alimentata con gas naturale negli Stati Uniti e carbone in Cina. Una realtà ben diversa da quella suggerita dai comunicati ufficiali.
Il contrasto tra la narrazione e i dati rivela un approccio che molti definirebbero eccessivamente ottimista, se non fuorviante. Parlare di bicchiere mezzo pieno, in questo contesto, significa ignorare che dopo anni di proclami e investimenti colossali – parliamo di migliaia di miliardi di dollari – la dipendenza dai combustibili fossili rimane strutturale. Le tecnologie digitali, lungi dal contribuire alla decarbonizzazione, sembrano anzi rafforzare le vecchie catene energetiche.
Il rischio, dunque, è quello di un autoinganno sistemico: sostenere che l’espansione dell’intelligenza artificiale sia compatibile con gli obiettivi climatici, mentre in realtà ne compromette la sostenibilità. Se la metà del fabbisogno energetico dei nuovi data center sarà soddisfatta da gas e carbone, la promessa di un futuro “green” rischia di trasformarsi in un gigantesco paradosso tecnologico e ambientale.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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