Ci può essere un approccio etico alla tecnologia? Padre Benati, Presidente della Commissione AI per l’informazione e professore della Pontificia Università Gregoriana ne ha parlato al Senato.
“Dunque, c’è un dato di fatto da 60.000 anni fa, quando come specie in una caverna abbiamo preso in mano una clava, la clava poteva essere un utensile per aprire più noci di cocco o un’arma per aprire più crani. Quindi il fatto che ogni tecnologia possa essere dual use o possa essere, come amano dire gli americani, weaponized, questo è davanti a tutti, davanti all’uso di tutti.
Quindi come la tecnologia ci può aiutare in questo caso? A parlare meglio alle persone con il loro linguaggio, così può essere il più sofisticato strumento di manipolazione che riesce a trovare proprio il debole di ciascuno.
Si è sviluppata alla fine dello scorso secolo, dagli anni 80, un approccio alla tecnologia che è un po’ diverso, cioè mentre prima l’etica era l’etica del professionista, l’etica dell’ingegnere, per cui chi era là doveva avere una figura etica, a partire dalla fine dello scorso secolo si è iniziato a notare che non esistono artefatti tecnologici neutri.
C’è un esempio storico da cui parte tutto ed è quello che ha fatto il Sindaco, uno dei politici più importanti di New York, che si chiama Robert Moses, il quale ha dato forma a Manhattan come la conosciamo oggi. Se noi andiamo a vedere un’autostrada che unisce Manhattan con una delle spiagge più belle, che si chiama Jones Beach, che sta a Long Island, vediamo quello che vediamo sulla 1, asfalto e cemento armato. Se leggiamo la biografia di questo politico Robert Moses, che è più di mille pagine ed è uno dei cento migliori libri mai venduti ancora in vendita nel mercato degli Stati Uniti, scopriamo che Moses ha un’idea politica oggi inaccettabile ma all’epoca molto in voga. La parte migliore della città doveva essere, per quello che lui riteneva, la parte migliore della popolazione. E allora cosa fa? Non costruisce il servizio pubblico e quei ponti che sono uguali a tutti gli altri ponti sono due piedi 60 cm più bassi dello standard. Solo chi ha una macchina può passare sotto quei ponti, gli autobus non possono passare.
Da allora ci siamo resi conto che ogni artefatto tecnologico è una forma d’ordine e un modo di disporre il potere all’interno di una società.
Se noi guardiamo quello che è successo con la pandemia. Un diritto universale come il diritto alla salute è stato ordinato all’interno della popolazione, questa volta secondo un criterio deciso e concordato, attraverso un algoritmo che ha detto chi prendeva prima il vaccino e chi dopo.
Allora l’etica della tecnologia non ha il ruolo di dare normatività etica, ma di interrogare la tecnologia perché i differenti stakeholder possano vedere che tipi di trasformazione produce quell’innovazione all’interno di un contesto.
Quindi, se noi interroghiamo il digitale e capiamo che magari la linea editoriale a che fino a ieri era in capo ha delle redazioni, potrebbe essere, per esempio, spostata su quello che un algoritmo è capace di fare nel consegnare quel messaggio a determinate persone vediamo che c’è uno spostamento di potere e una forma d’ordine diversa all’interno di un contesto sociale.
Allora, questo come orizzonte, quindi la domanda che noi facciamo all’intelligenza artificiale è di questo tipo, ed è una domanda che squisitamente toglie la questione a un aspetto meramente tecnico, perché diventa un aspetto che tocca tutto.
Alla luce di questo, secondo me, delle domande che avete fatto emerge ed emerge costantemente una grande questione, ma di fronte a una macchina così potente? C’è bisogno di investire sull’uomo perché sia in grado in qualche misura di utilizzarla meglio? Ecco, la risposta è assolutamente sì. Il tema della formazione è il tema fondamentale“.
Qui trovate l’udienza completa di Padre Benati: https://www.youtube.com/watch?v=ex5TvdhogPI
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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