Giustizia predittiva e intelligenza artificiale: “disumanizzare l’applicazione del diritto, moderna perversione della legge”, avv. Fusillo

“L’intelligenza artificiale è per me un grande pericolo in ambito giuridico, significa disumanizzare l’applicazione del diritto e sostenere, fomentare questo atteggiamento giusto-positivistico che è la moderna perversione della legge”, mette in guardia l’avv. Alessandro Fusillo al convegno La Rivoluzione Digitale, che si è svolto ad Abano Terme il 16 settembre 2023.

“C’è un progetto già abbastanza avviato in materia di giustizia tributaria, sulla giustizia predittiva”, spiega. “Sostanzialmente l’idea è che si inseriscono in un’interfaccia, in una vicenda, in una finestra, i dati di un determinato caso e l’intelligenza artificiale individua la soluzione e soprattutto individua la soluzione che daranno i magistrati a questo caso.

Che cosa comporta questo? Questo è la morte della giustizia e soprattutto, non a caso hanno cominciato con la giustizia tributaria, tende a trasformare le regole in una sorta di gabbia.

Se io inserisco questa parte di giustizia in un sistema di giustizia predittiva, è chiaro che io elimino completamente l’aspetto umano nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto. Tra le altre cose, la giustizia predittiva o comunque l’intelligenza artificiale in ambito giuridico significa legittimare in modo ancora più potente di quanto ciò avviene già adesso l’atteggiamento dominante nell’ambito della scienza giuridica italiana, ma europea in generale, che è il positivismo giuridico.

In sintesi, cos’è il positivismo giuridico? È l’idea per cui le norme, purché siano state poste in base ad un procedimento valido, quindi sostanzialmente in base al procedimento individuato dalle Costituzioni, sono valide e devono essere osservate.

Questa è una concezione che ha dato luogo a una crisi profonda, proprio nel periodo dei libri di Gustav Radbruch, parte dei giuristi che si sono confrontati con l’apparente legalità dell’operato dei gerarchi nazisti. Ricordiamoci che i campi di concentramento erano legali, la deportazione delle persone era legale, l’eliminazione di tutti quelli che non rientravano nelle concezioni eugenetiche dei nazisti e vediamo che oggi ci stiamo avvicinando allo stesso atteggiamento, l’eliminazione di questa gente era perfettamente legale.

Quindi un grande giurista, Gustav Radbruch, si è posto il problema come è possibile che questa cosa venga risolta con il più classico obbedivo a degli ordini.

Ma l’intelligenza artificiale valuterebbe la questione così, perché non è umana, no? La regola è quella, funziona e quindi va bene così.

Il tema che si è posto per un breve periodo dopo la seconda guerra mondiale e che invece si dovrebbe tornare a porre a tutti i giuristi è quello di recuperare una scuola del diritto naturale. Noi dovremmo, come giuristi, non come filosofi, come sociologi, come cittadini, ma all’interno della scienza giuridica, valutare un tema fondamentale che oggi si valuta ben poco, cioè se una legge è valida oppure no. E se io vedo alle porcherie che producono i nostri governanti, mi rendo conto che, aveva ragione Frederic Bastiat, del dire che la legge è pervertita, la legge serve a violare i tre aspetti fondamentali che sono la vita, la libertà e la proprietà. A questo dovrebbe servire la legge, solo a questo. Tutto quello che esula dalla difesa di questi tre elementi fondamentali, che tra le altre cose indicano la nostra relazione con il tempo, perché il diritto di proprietà è il nostro diritto sul passato, perché la proprietà cristallizza quella che John Locke chiamava mescolare il nostro lavoro con l’ambiente e la materia esterna, e la libertà è il tempo presente, il diritto a fare ciò che si vuole di se stessi, del proprio corpo e della propria proprietà.

Tutto quello che esula da questo è molto problematico dal punto di vista del diritto naturale, quantomeno della scuola di diritto naturale libertaria alla quale io mi onoro di appartenere e che in Italia ha avuto un grandissimo esponente che non a caso se studiate nelle università in Italia non sentirete praticamente mai nominato, che è Bruno Leoni, e che scrisse non a caso in inglese un libro meraviglioso intitolato La libertà e la legge, è stato tradotto poi in italiano, e che sostanzialmente metteva l’accento proprio su queste cose, di cui non si parla”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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