“A differenza degli smartphone o dei laptop, i visori VR non sono equipaggiati con protocolli di sicurezza adeguatamente robusti, rendendo gli utenti particolarmente esposti”, spiega Salvo Privitera. “L’esperienza altamente immersiva offerta dalla VR può indurre un falso senso di sicurezza, portando gli utenti a sottovalutare i rischi e a fidarsi eccessivamente di quanto percepito”
“Tra le varie tecniche di infiltrazione individuate, spiccano l’accesso tramite reti Wi-Fi vulnerabili e il “side-loading”, ovvero l’installazione di app potenzialmente dannose da store non ufficiali.
Una squadra di ricercatori ha evidenziato questa falla in un lavoro presentato l’8 marzo sul server di preprint arXiv, dimostrando con successo la fattibilità dell’attacco su tutte le versioni del visore Meta Quest.
Gli hacker, approfittando di questa lacuna, possono manipolare l’ambiente virtuale a loro piacimento: dall’alterare i dettagli di transazioni online fino a intercettare conversazioni private, sfruttando app clonate o modificando in tempo reale l’audio con l’intelligenza artificiale per impersonare altri partecipanti”.
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