“Soltanto un’intelligenza artificiale che si nutre di contenuti di qualità può essere a sua volta un’intelligenza artificiale di qualità”, Giulia Marangoni. Quale soluzione per il copyright?

“Il diritto d’autore ha senz’altro un ruolo fondamentale perché l’intelligenza artificiale si nutre di contenuti, quindi soltanto un’intelligenza artificiale che si nutre di contenuti di qualità può essere a sua volta un’intelligenza artificiale di qualità”, spiega Giulia Marangoni, responsabile dell’Associazione Italiana Editori AIE. “Questo è il modo per contrastare fenomeni che conosciamo come fenomeni di disinformazione, il bias che possono essere legati ai prodotti dell’intelligenza artificiale.

Occorre quindi prevedere delle soluzioni per la tutela del diritto d’autore e soluzioni di licenza che possano facilitare la collaborazione tra l’industria dei contenuti e le aziende tecnologiche.
Rispetto alla risoluzione riteniamo molto importante anche il richiamo all’Europa e quindi a lavorare in sinergia con i principi normativi fondamentali che sono già stati stabiliti a livello europeo per sviluppare l’intelligenza artificiale in maniera responsabile rispetto al diritto d’autore.
La direttiva copyright che nel 2019 ha stabilito quelli che sono i principi di riferimento fondamentale entro cui si muove ora lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La direttiva Copyright ha stabilito un’eccezione per il tax and data mining, un’eccezione per cui, salvo i casi di ricerca senza scopo di lucro, gli aventi diritto hanno la possibilità di esercitare l’opt-out. Quindi di fatto hanno la possibilità di riservare i propri diritti rispetto all’utilizzo dei contenuti per l’addestramento da parte dell’intelligenza artificiale quindi l’opt-out è di fatto un meccanismo che permette ai governi il diritto di tutelare i propri contenuti e allo stesso tempo, nel momento in cui vengono riservati i diritti, di offrire delle licenze, delle licenze per l’utilizzo nel contesto dell’intelligenza artificiale e quindi per facilitare appunto delle sinergie fra l’industria dei contenuti e il mondo della tecnologia.
Ora sappiamo che l’opt-out può essere espresso sia a livello contrattuale che attraverso degli strumenti che sono direttamente legibili, intellegibili alle macchine, quindi i cosiddetti strumenti machine readable che sono particolarmente importanti per i contenuti che sono disponibili online e che quindi possono essere catturati dai software che ci sono in rete.
Rispetto a questo, la Federazione degli Editori Europei ha promosso la costituzione di un gruppo di lavoro in ambito internazionale, nel W3C, che è l’organizzazione internazionale che si occupa degli standard web ed è un gruppo di lavoro che noi abbiamo avuto l’onore di coordinare insieme a un centro di ricerca francese, per creare un protocollo web che gli aventi diritto possono utilizzare per effettuare l’opt-out in una maniera estremamente semplice su tutti i tipi di contenuto.
Quindi, dato queste premesse e dato quindi il quadro normativo che è stato posto dall’Europa, noi riteniamo importante dare visibilità e sostegno agli strumenti di opt-out che sono stati sviluppati, in particolare il protocollo del W3C perché è un protocollo aperto e linea con le pratiche già in uso nel settore.
Riteniamo che invece siano insufficienti altre soluzioni che vengono proposte dalle singole aziende tecnologiche per riservare i diritti utilizzando un linguaggio specifico per ciascun servizio dell’intelligenza artificiale, quindi una miriade di formule diverse, quando invece è chiaramente più efficace utilizzare un unico standard aperto.
Sempre rispetto all’applicazione dell’opt-out riteniamo che sia importante vigilare su una corretta applicazione”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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