“L’intelligenza artificiale non è un altro essere umano, non è propriamente generativa, cerca nei big data delle informazioni e le confeziona nello stile che le è stato richiesto”, spiega Paolo Ruffini al convegno “L’algoritmo al servizio dell’uomo. Comunicare nell’epoca dell’intelligenza artificiale”.
Il dibattito si è concentrato sul ruolo sempre più pervasivo che l’intelligenza artificiale (IA) sta assumendo nel plasmare il modo in cui riceviamo e comprendiamo le informazioni.
L’intelligenza artificiale “non sviluppa concetti o analisi nuove, più che generativa è rafforzativa, nel senso che riordina i contenuti esistenti, contribuendo a consolidarli spesso senza controllare se contengano errori o preconcetti.
In questo modo non solo si corre il rischio di legittimare delle fake news e di inrobustire il vantaggio di una cultura dominante, ma di minare anche il processo educativo, cioè un progresso realmente umano, integralmente umano.
Sta a noi, ha scritto Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per le comunicazioni sociali, decidere se diventare foraggio per gli algoritmi o se nutrire il nostro cuore con quella libertà, senza la quale non possiamo crescere in sapienza”.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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