La tecnologia, compresa l’intelligenza artificiale, non è mai neutra, dipende dall’uso che se ne fa

Mirco Mariucci espone e poi confuta la tesi ingenua della neutralità strumentale, che può essere riassunta con il motto: dipende dall’uso che se ne fa. Tuttavia, in generale, le cose non stanno così rispetto alla tecnologia.

Nell’immagine ho rappresentato un coltello che, sì, da un lato può essere utilizzato per cucinare, oppure magari per aggredire una persona. Però è anche vero che chiunque utilizzi il coltello deve sempre fare attenzione a non ferirsi.

Allora, la tecnologia è veramente neutrale?

Heidegger sostiene che la tecnologia ha un’essenza caratterizzante che induce un particolare e specifico modo di relazionarsi con essa e con gli altri. Pensate pure allo smartphone: come ha modificato il nostro modo di vivere e di interagire?

Langdon Winner aggiunge che gli artefatti tecnologici incorporano valori, intenzioni e strutture di potere, indipendentemente dall’uso che se ne fa. Pensate alla moneta-debito: è vero, si può usare in un modo piuttosto che in un altro, ma se continueremo a utilizzare una moneta creata dal nulla e prestata dietro interesse, emettendo debiti, in qualche misura continueremo a essere schiavi del sistema bancario.

Vediamo alcuni esempi di non neutralità tecnologica abbastanza evidenti. Queste casistiche sono attribuite a Lewis Mumford.

Questi sono tutti grandi pensatori del Novecento. Lui dice che tecnologie differenti, pur soddisfacendo il medesimo bisogno, possono comportare centralizzazione e controllo, mentre altre favoriscono la decentralizzazione e la libertà.

Un esempio classico è il confronto tra la fusione calda e la fusione fredda.

  • La fusione calda richiede un grande investimento per costruire enormi reattori e quindi necessita di una gestione centralizzata. Guarda caso, la ricerca in questo settore viene lautamente finanziata.
  • Dall’altro lato, la fusione fredda, qualora fosse perfezionata, consentirebbe di produrre energia praticamente da soli, con un piccolo dispositivo installato all’interno delle abitazioni, quindi in modo decentralizzato. E guarda caso, questi studi vengono sistematicamente boicottati.

Un altro esempio è il modello di produzione fordista, che, come osserva Mumford, è associato a una forma di tecnologia che ha imposto un’organizzazione gerarchica del lavoro, riducendo l’autonomia dei lavoratori e rafforzando così un sistema di controllo centralizzato.

Pensate alla produzione in serie con operai poco specializzati, che non conoscono il processo nella sua interezza. Dall’altro lato, c’è l’artigianato, in cui l’artigiano conosce e gestisce ogni fase della produzione ed è padrone del suo lavoro.

So perfettamente che in alcuni casi conviene la produzione in serie, non sto generalizzando rispetto all’utilità. Voglio solo far capire che sono due modalità completamente differenti, che incorporano valori differenti.

La tecnologia non è un qualcosa di passivo

Bruno Latour afferma che la tecnologia co-costruisce la realtà sociale, operando in modo attivo. Quindi, non siamo solo noi a essere co-creatori della realtà, ma anche gli apparati tecnologici intervengono in questo processo.

Gilbert Simondon aggiunge che l’introduzione di tecnologia può addirittura indurre un processo di trasformazione antropologica.

Vediamo un esempio concreto. Pensiamo al connubio tra smartphone e social network. Abbiamo tutti vissuto il processo di trasformazione antropologica indotto da questa nuova forma di comunicazione.

Negli anni Settanta:

  • si leggevano libri,
  • si scrivevano lettere,
  • ci si ritrovava dal vivo.

Le persone erano più attive, in maggior salute rispetto a oggi. Avevano una profondità di pensiero e una creatività elevate, sapevano organizzarsi nella vita reale, instauravano relazioni autentiche ed erano, in generale, più felici.

A distanza di 50 anni, con queste nuove modalità di interazione, si osservano fenomeni opposti:

  • persone apatiche, meno sane,
  • difficoltà di concentrazione,
  • minor profondità di pensiero,
  • riduzione della capacità di agire nel mondo,
  • isolamento sociale e aumento della depressione.

Ok, non è solo colpa degli smartphone e dei social network, ma è innegabile che questi dispositivi abbiano contribuito a questo processo.

La questione allora diventa: se la tecnologia non è neutrale e ha il potere di modificare l’essere umano, siamo noi a controllarla o è lei a controllare noi?

Se continuiamo ad adottarla senza consapevolezza e senza un pensiero critico, il rischio è quello di essere modellati dalla tecnologia, invece di usarla come uno strumento a nostro vantaggio.

A questo punto, la domanda fondamentale è: possiamo ancora scegliere come usare la tecnologia oppure il nostro destino è già scritto?

Fonte

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