L’intelligenza artificiale potrebbe aprire nuove prospettive anche nella modellazione climatica, ma si è ancora lontani da una piena comprensione del suo potenziale. A dirlo è la climatologa Judith Curry, che invita alla cautela nell’applicazione dell’IA in un ambito dove le incertezze scientifiche sono tutt’altro che risolte. “In linea di principio, i modelli climatici basati sull’intelligenza artificiale (IA) che siano computazionalmente efficienti potrebbero essere utilizzati per esplorare più ampiamente le incertezze”, afferma. Ma avverte che “capire come utilizzare efficacemente l’IA nella modellazione climatica è ancora agli inizi”.
Il problema, secondo Curry, è che l’addestramento dei modelli IA oggi non può che basarsi sui risultati generati dai modelli climatici tradizionali, i quali presentano limiti strutturali ben noti. “L’unico modo per addestrare un modello climatico basato sull’IA al momento è basarsi sui risultati esistenti dei modelli climatici, che, come avete sentito, presentano numerose inadeguatezze”. Inadeguatezze tali da compromettere anche le valutazioni economiche e strategiche a lungo termine. “I modelli climatici semplicemente non sono sufficientemente validi per un’analisi costi-benefici tradizionale”, sottolinea. Nemmeno la raccolta pubblica delle simulazioni CMIP, considerata una delle principali risorse nel settore, riesce a rappresentare in modo soddisfacente la varietà delle incertezze.
A mio parere, il modello GFDL è il migliore per questo scopo, e sto monitorando attentamente i loro sforzi. Tuttavia, un problema è che il modello GFDL sta funzionando troppo bene, con una sensibilità molto elevata agli aumenti di CO2. Quindi non esiste un modello perfetto per questo tipo di addestramento. Pertanto, affinché i modelli di intelligenza artificiale siano utili per le previsioni a qualsiasi orizzonte temporale, sono necessari approcci di ensemble per contribuire a quantificare l’incertezza della previsione. E queste previsioni d’insieme stanno appena diventando disponibili per le previsioni meteorologiche operative basate sull’intelligenza artificiale.
Le cosiddette simulazioni CMIP non esplorano adeguatamente tutti i diversi tipi di incertezza. Per il semplice motivo che i modelli sono troppo costosi dal punto di vista computazionale per esplorarne a fondo le incertezze”, spiega Curry. A fronte di questa complessità, suggerisce che strumenti più semplici possano avere un ruolo più utile. “Modelli più semplici possono essere utili per esplorare più a fondo determinati tipi di incertezza. E questo include l’approccio di rete basato sui dati utilizzato da Vycom”. Quanto alla proiezione climatica per i prossimi decenni, la sua diagnosi è netta: “Per quanto riguarda l’evoluzione climatica del XXI secolo, definirei la situazione come profondamente incerta”.
Nel contesto decisionale aziendale, questa incertezza si traduce nella necessità di strategie mirate e flessibili. “Le decisioni per la maggior parte delle aziende sono regionali, anche se l’azienda ha una portata globale”, osserva. Ed è proprio a livello regionale, attraverso l’analisi dei dati e l’utilizzo di reti, che secondo Curry si può trovare una via praticabile: “Dato questo livello di incertezza, credo che la strategia attuale sia un approccio basato su scenari regionali basati su dati e reti, che la mia azienda sta utilizzando”.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
Leggi le ultime news su: https://w3b.today
Può interessarti anche: I grandi consumi dell’intelligenza artificiale stanno portando le Big Tech ad abbandonare gli obiettivi climatici
Può interessarti anche: Il Dott. Klaus D. Döhler interroga Chat GPT sulla CO₂, ottiene prima la verità (senza CO₂ non c’è vita sulla Terra) e poi slogan sul cambiamento climatico
Seguici su Telegram https://t.me/presskit
Seguici su Facebook https://www.facebook.com/presskit.it
Seguici su X: https://x.com/Presskit_
Copiate l’articolo, se volete, vi chiediamo solo di mettere un link al pezzo originale.