Intelligenza artificiale per controllarci con le smart city: la speranza è l’imprevedibilità umana, avv. Fusillo

Smart city: ” tutto quello che sta succedendo è il tentativo disperato dei pianificatori centrali di arrivare proprio a questo, di arrivare alla possibilità di calcolare l’azione umana”, ha spiegato l’avv. Alessandro Fusillo al convegno la rivoluzione digitale lo scorso 16 settembre ad Abano Terme.

“Ma noi abbiamo una risorsa enorme che è quella dell’imprevedibilità della scelta, della possibilità di fare ciò che vogliamo, di ribellarci a tutto questo e di dimostrare l’obvio, cioè che l’azione umana è libera, perché dipende dal nostro intelletto, dal nostro libero arbitrio. Se c’è una cosa certa, e la storia ce lo dimostra, ma è una necessità logica, è una necessità aprioristica, questa legge è vera indipendentemente dalle prove empiriche, è che il pianificatore centrale fallisce sempre, il pianificatore centrale non può avere la conoscenza totale, nemmeno se ha l’intelligenza artificiale più efficiente e più bella del mondo, pianificare perché gli manca un elemento, che è quello dell’imprevedibilità delle persone. E chi sono gli imprevedibili? Siete voi, eh? Siamo noi.

È vero che tutte queste cose derivano dalla tecnologia, ma in realtà sono antichissime. L’idea di realizzare un sistema di sorveglianza totale ce l’aveva avuto Jeremy Bentham con questo carcere modello, il panopticon, dove qualcuno vedeva tutto quello che facevano i detenuti e li poteva controllare e loro non sapevano di essere controllati. La stessa idea non per i detenuti, ma per un’idea di smart city dell’epoca, ce l’ha ebbe Fourier con il falansterio, che è la stessa cosa, il concetto è lo stesso, è tutto controllato, non c’è la proprietà, perché la proprietà è comune, l’allocazione delle risorse avviene attraverso un decisore centrale.

Un autore che ha propagandato tantissimo questa idea dalla quale deriva poi questa delle città di 15 minuti, le Smart Cities, è Le Corbusier, che ha scritto moltissimo e ha tentato di realizzare questa cosa, tanto era ansioso di realizzarla che la proposta a tutti, compresa l’Unione Sovietica, che gli sembrava giustamente forse il paese più incline a realizzare questa cosa, ma sembrò folle persino i bolshevichi che gli dissero no grazie e non riuscì a realizzarla fortunatamente.

Quindi è vero che c’è la tecnologia, i computer, i social, tutto quello che volete, ma sono progetti antichi questi qui.

Il tema qual è? Che queste cose vanno tutte ricondotte all’idea della pianificazione centrale, cioè l’idea che si possa strutturare la società e le cose che abbiamo sentito questa sera, la tecnocrazia di cui ci parlava Alessandro Aghiavegatti e questa moderna tendenza al controllo totale su tutto viene in realtà da un’idea fondamentale, che è quella della pianificazione centrale. Ci sono due autori a me molto cari che hanno parlato di questa cosa. Il primo è Friedrich Hayek, che ha scritto un libro fondamentale su questo intitolato La fatale arroganza, e l’arroganza è proprio quella del pianificatore centrale, quello che pensa di poter ingegnerizzare la società, di poter controllare, gestire e conoscere i comportamenti di ciascuno di noi. E l’altro è forse il più grande economista di tutti i tempi, cioè Ludwig von Mises, che scrisse nel 1924 una monografia dedicata all’impossibilità del calcolo economico nei sistemi socialisti.

L’economia non è matematica, l’economia non è altro che la scienza dell’azione umana. E l’azione umana da che cosa è caratterizzata? È caratterizzata dall’imprevedibilità, dal fatto che ciascuno di noi può scegliere ciò che vuole e dal fatto che le nostre preferenze non sono calcolabili. Io posso calcolare con dei numeri, ma non posso calcolare con degli ordinali, con delle preferenze. Se oggi mi piace più una mela piuttosto che una pera o un grappolo d’uva, intanto domani potrei cambiare le mie preferenze.

Come difendersi? Questa è la domanda fondamentale. La risposta, altrettanto fondamentale, è che bisogna capire qual è l’origine di tutto ciò. L’origine di tutto ciò non è il neoliberalismo. La parola liberalismo si riferisce a una tradizione politica purtroppo morta che coltivava un’illusione, cioè l’illusione che lo Stato potesse essere minimo, che potesse essere piccolo, che potesse limitarsi alla difesa dei diritti fondamentali e della libertà delle persone, che potesse lasciare la massima libertà possibile a tutti, soprattutto in campo economico. Quello che noi abbiamo davanti non è liberalismo, né vecchio né nuovo. Quello che abbiamo davanti noi è una riedizione del vecchio corporativismo.

La parola più grande che possiamo dire a tutto ciò è no. No. E su questo punto bisogna insistere, bisogna parlarne agli altri, bisogna farlo capire a chiunque. Dobbiamo dire no a questo sistema”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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