“Di per sé, secondo me, perdonatemi se sono un po’ disincantato rispetto al metaverso, ma è un’occasione di business”, denuncia Padre Benati. “Nel senso che ciò che è accaduto è che Facebook ha fatto soldi monetizzando il nostro desiderio di mostrare amici e conoscenti, gattini, selfie e quello che mangiavamo.
La piattaforma ha avuto successo perché un paio di miliardi di persone hanno iniziato a mettere le foto dei loro gattini.
Ma sempre più spesso questa capacità di monetizzare i nostri dati equivale a una profilazione, ad acquisire quella che di noi potrebbe essere capita come una sorta di impronta digitale che consente di venderci cose o di orientare quella che è più o meno la nostra opinione pubblica o quant’altro.
Questo gioco, che ha portato grande successo anche a Zuckerberg, è stato possibile quando Facebook è passato da essere una pagina web, che si consultava tramite computer, a un’app che quindi abitava le tasche di ciascuno di noi.
Non è la prima volta né che si usa la parola metaverso, che appartiene in realtà alla fantascienza, né che ci si prova a realizzarlo.
Second Life ha visto tanti smanettoni, me compreso, che hanno utilizzato tanto tempo per vedere quali fossero le possibilità e i limiti, poi è fallito e non ha avuto successo”.
E allora perché tornare adesso al metaverso? ”
Secondo me, ci sono almeno alcune componenti. Un po’ c’è questa filosofia del colono nordamericano per cui la realtà mi ha deluso e scappo da un’altra parte; quindi, come una volta abbiamo lasciato il vecchio continente per andare nel nuovo continente, rispetto a un presente che ci delude, sfuggiamo in questo nuovo mondo. Ma questa, se vogliamo, è la parte più poetica e romantica”.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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