“I peer-reviewer, questo strano tipo di persone disposte a svolgere un lavoro scrupoloso e noioso senza compenso, si troveranno ovviamente ad affrontare un torrente di articoli blandi, scadenti, generati dall’intelligenza artificiale poiché il volume di produzione, prevedibilmente, aumenterà attraverso l’uso di questo tipo di strumenti. E qual è l’inevitabile soluzione a questo piccolo enigma?
Chiedi all’intelligenza artificiale di eseguire anche la “revisione tra pari”, ovviamente:
Avrai revisori dell’intelligenza artificiale che controllano gli articoli scritti da algoritmi pubblicati su riviste per non essere letti da nessuno. Tranne forse l’intelligenza artificiale stessa, che ora genera i propri dati di addestramento in un malvagio ciclo di feedback informativo che sarà pieno di allucinazioni strutturalmente integrate”, denuncia Johan Eddebo.
Allora dov’è il controllo di qualità? Come è concepibile? Chi effettuerà il “fact-checking” dei torrenti di materiale generato dall’intelligenza artificiale? E in riferimento a quali dati? Articoli di ricerca generati o curati dall’intelligenza artificiale le cui informazioni sono state disconnesse dall’affidabilità, dall’obiettività e dalla validità e vengono ora prodotte con lo scopo di rafforzare il comportamento redditizio dei consumatori e la formazione di opinioni strategiche?
Tutto ciò contiene il germe di un problema davvero malvagio di epistemologia, della qualità fondamentale delle prove accessibili all’essere umano. Se ciò va ben oltre, ci stiamo avvicinando a una situazione del tutto nuova della conoscenza umana in cui la catena fondamentale della testimonianza probatoria viene interrotta. In realtà non puoi fidarti che qualsiasi informazione ricevuta attraverso l’infrastruttura digitale centralizzata sia il resoconto autentico delle esperienze, delle conclusioni o delle scoperte di una persona umana reale. Tutto sarà potenzialmente in dubbio.
Qualunque cosa.
Quindi al giorno d’oggi, quando sono seduto nelle prime ore, fornendo peer review gratuita per qualche oscuro giornale di filosofia, e arrivo a chiedermi se ne valga la pena, allora penso solo a questo topo generato dall’intelligenza artificiale che passa attraverso peer lo rivedo con il suo cazzo gigante e le sue quattro palle dilatate, e sorrido tra me e me e ricordo che la sofferenza è allo stesso tempo fruttuosa e purificatrice”.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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