Euro digitale e privacy legata alla struttura tecnica: per ora non definito

Oltre alla “necessaria” creazione di un’infrastruttura (meccanica) per l’elaborazione delle transazioni di pagamento digitali – il che significa la massiccia espansione dello scambio transfrontaliero dei nostri dati personali e finanziari – l’UE vuole che “l’euro digitale sia disponibile sia per i pagamenti online che offline… Mentre le transazioni online offrirebbero le stesse tutele della privacy dei metodi di pagamento digitali esistenti, offline offrirebbe agli utenti la stessa privacy e protezione dei dati.

Pagamenti particolarmente ben garantiti: avrebbero divulgare meno dati personali con i pagamenti digitali rispetto a quanto avviene oggi con i pagamenti con carta, come se si stesse pagando in contanti o prelevando denaro da un bancomat. Nessuno poteva vedere cosa pagano le persone usando l’euro digitale offline”.

“Ma cosa succede non appena torni “online”?”, si chiede il professor Stephan Sander-Faes in una recente analisi su Tkp. “Quindi, inevitabilmente, tutti questi dati sulle transazioni vengono “aggiornati” e, se necessario, condivisi con terze parti in altri paesi.

Inoltre, le “soluzioni tecniche” per l’implementazione sembrano essere al di fuori del quadro normativo al momento attuale: “Anche la fornitura di servizi tecnici, compreso il trattamento o il funzionamento di portafogli digitali, non rientra nell’ambito di applicazione di questa direttiva”, scrive el’UE.

“In altre parole, continua il professor Stephan Sander-Faes, “la Commissione Ue decreta – decreta – questo e quello, disciplina un gran numero di aspetti, ma tralascia i “servizi tecnici” legati all’introduzione del “contante digitale” (sic). La condivisione o l’elaborazione transfrontaliera di tutti i nostri dati è (per il momento) in un’area non regolamentata.

L'”euro digitale” dovrebbe quindi diventare “moneta a corso legale” attraverso la porta di servizio al fine di – contrariamente alle affermazioni superficiali – imporre “legalmente” l’applicazione forzata della moneta digitale della banca centrale.

Ciò è collegato a un’area enorme, inizialmente poco regolamentata, che influisce sulla condivisione o sull’elaborazione dei dati delle transazioni finanziarie interessate.

Infine, va detto che le frasi sulla “privacy” nelle “operazioni offline” vanno benissimo, ma alla fine sono irrilevanti, perché non appena il “portafoglio digitale” viene sincronizzato con un conto bancario, tutti i dati migrano attraverso il sistema interno confini della zona euro. Almeno.

Per inciso, gli accordi intergovernativi esistenti, come un accordo UE/SEE che probabilmente seguirà presto, sullo scambio automatizzato di dati con le autorità statunitensi non sono menzionati in questo contesto”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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