Dai primi computer della seconda guerra mondiale, ai cellulari, all’intelligenza artificiale generativa inserita nei nuovi pc: non hanno mai chiesto il permesso per le innovazioni, Padre Benati

“Il computer nasce in guerra, aiutò l’esercito anglo-americano a vincere la Seconda Guerra Mondiale con due grandi macchine: l’ENIAC e il Colossus. Colossus a Bletchley Park semplicemente decodificava il codice Enigma, usato a Berlino per trasmettere ordini e altro”, ricorda Padre Paolo Benati al convegno “L’algoritmo al servizio dell’uomo: comunicare nell’epoca dell’intelligenza artificiale”.

“ENIAC risolveva le equazioni differenziali parziali di von Neumann, che di fatto sono quelle che consentivano di creare la prima bomba atomica, The Gadget, che esplose a Fort Alamo, in Alamogordo, Nuovo Messico, nel luglio del ’45. È frutto di un computer che calcolava le condizioni all’interno delle quali la bomba poteva accadere. Uno dei due ingegneri che costruirono ENIAC scrisse a un collega dicendo: ‘ENIAC è fantastico, risolve le equazioni differenziali parziali von Neumann in 30 minuti. A mano ci vuole molto di più: 28 per perforare le carte, all’epoca si programmano i computer con schede perforate, 2 per fare i calcoli’.

La macchina ci aiuta, l’uomo è il collo di bottiglia nella relazione con la macchina.

Watson, il capo di BM, guarda i computer e dice: ‘Beh, non c’è spazio per più di 7-8 computer al mondo, e questi sono i computer’. Da qui parte un famoso detto nel mondo degli informatici: se vuoi essere svergognato, prova semplicemente a fare previsioni perché è il modo migliore per sbagliare. Quel computer, però, grazie al transistor, si diffonde e si diffonde dopo la guerra nel settore civile.

Gli anni ’50 e ’60 vedono questo potere computazionale diffondersi all’interno delle aziende. Nel 1980 il computer più potente al mondo era al Pentagono e organizzava l’esercito americano, il secondo era in Kentucky, nella sede centrale di Walmart, e organizzava gli scaffali della grande distribuzione meccanica. Il computer ha portato con sé una dinamica organizzativa, nata con una logistica militare, ha un vasto controllo, un deposito dati, eccetera, eccetera, riorganizza le grandi aziende con una logistica militare.

A un certo punto arrivano gli anni ’70 e la cultura bussa alle porte del computer. Negli anni ’70 la cultura giovanile, la famosa controcultura, dice che tutto ciò che è centralizzato è sbagliato, che tutto ciò che è centralizzato è sospetto, e questo computer che veniva distribuito in una forma di potere computazionale centralizzato, il mainframe, dagli IP della Silicon Valley viene attaccato e vuole essere sgretolato. È in questo momento che Hewlett Packard, T. Jobs, Microsoft separano il software dall’hardware, il potere computazionale centralizzato e vogliono donare, vendendolo, a ciascuno di noi un potere computazionale personale. Nasce il personal computer.

Il settimanale Time, nel 1983, nomina come uomo dell’anno del ’82 il personal computer, titolando ‘È sempre attivo, farà studiare i vostri figli, non si stancherà mai, computers move in’. La copertina era significativa, un uomo vecchio indirigito, curvo e questo computer brillante sul tavolino.

Negli anni ’80 diventa il laptop, lo portiamo sempre più con noi, negli anni ’90 la cultura torna a bussare alle porte dell’informatica, crolla il muro di Berlino e Fukuyama scrive la fine della storia. Ecco, questo fa sì che Madeleine Albright convinca Clinton che ormai è tempo di far entrare la Cina nel WTO. La Cina entra nel WTO con l’idea che un po’ di libero mercato avrebbe prodotto ciò che dall’inizio della seconda guerra mondiale stava producendo in tutto l’Occidente: democrazia liberale più libero mercato uguale aumento del benessere.

Ho avuto l’onore di frequentare uno degli ultimi corsi di Holbright e lei diceva con un po’ di rammarico, mai previsione più sbagliata, la Cina si è arricchita ma non ha cambiato statuto democratico. Ecco, questo ci ha messo in crisi però, perché quell’alleanza tra la democrazia liberale e l’aumento del benessere è venuta meno.

Arriviamo al primo decennio di questo secolo e arriva lo smartphone, la potenza computazionale personale più intima. Quando lo spiego ai miei ragazzi all’università vedo che qualcuno mi guarda in maniera strana e allora gli suggerisco un esperimento. Bloccate il cellulare e datelo alla persona alla vostra destra. Se non lo potete fare è perché il contenuto è abbastanza intimo. Ecco, quel cellulare, alla fine del primo decennio di questo secolo, ci ha fatto illudere che potessimo aver trovato il migliore alleato della democrazia liberale. Le primavere arabe ci hanno fatto pensare che sostanzialmente il cellulare fosse uno strumento che avrebbe consentito l’adesione a dei valori dell’umanità anche in zone dove questi valori non c’erano.

Ahimè, dieci anni dopo, nel 2021, le rivolte al Capitol Hill ci hanno lasciato un po’ a bocca aperta, perché abbiamo pensato che il cellulare fosse il peggior nemico: polarizzazione, fake news, post verità e quant’altro.

Tutto è legato fondamentalmente al fatto che nel 2012 Facebook entra in borsa, le azioni crollano del 36% in pochi mesi, hanno bisogno di monetizzare i dati che hanno dentro per vincere gli investitori e inizia uno squilibrio tra il potere dei social, nuova forma di comunicazione, e un modo democratico di gestire l’informazione.

A me interessa un altro evento simbolo che chiude il secondo decennio di questo secolo, la pandemia. Durante la pandemia, laddove una democrazia analogica, cioè una democrazia di relazioni, inizia ad essere ostacolata da quello che accade, noi scopriamo che abbiamo potuto comunque contenere tutto questo grazie al potere computazionale personale. Videochiamate, firme digitali, app per andare in banca, ci hanno detto che lo spazio pubblico, in maniera silenziosa e impassibile a partire dal 2014 è stato pian piano digitalizzato.

C’è uno studio bellissimo di Greenfield che si appoggia su uno studio di un altro collega, vedete ognuno ricerca quello che più gli muove il cuore, che ha studiato come è cambiato il contenuto delle tasche degli occidentali tra il 2012 e il 2018. Il cellulare ha mangiato il contenuto delle nostre tasche. Oggi quando voi andate in un albergo le catene più grandi non vi danno più una chiave della camera, ma del cellulare. Tutti gli oggetti che prima c’erano all’interno delle nostre borse personali ora sono contenuti all’interno del smartphone. Ecco, abbiamo digitalizzato lo spazio democratico, abbiamo digitalizzato lo spazio pubblico e con questo entriamo nel terzo decennio.

Nel 2021 più o meno il mondo si è accorto dell’intelligenza artificiale, parlo semplicemente del grande pubblico, con l’arrivo di chatGPT. Queste intelligenze artificiali producono un cambiamento radicale nel nostro approccio alla computazione, perché non sappiamo più quali processi computazionali avvengono grazie al nostro potere computazionale personale e quali avvengono in un potere computazionale centralizzato in mano a pochissimi player. Solo che questa volta questo ritorno all’accentramento è capace di aspirare tutte le parti della nostra vita sociale che abbiamo digitalizzato.

Come affronteremo questi dieci anni, questo terzo decennio, sarà ciò che rimarrà della nostra democrazia computazionale. Ahimè, la questione tecnologica è una questione geopolitica, è una questione etica.

Terzo e ultimo elemento è dato da un numerino che oggi ritorna come un numero cabalistico e un po’ mantra dei guru tecnologici: 40 TOPS. 40 TOPS è un numero di misura che indica il numero di trilioni di operazioni al secondo che un chip particolare, chiamato NPU, è capace di svolgere per consentire ai nuovi computer, quelli che qualsiasi società o apparato di Stato inizierà a comprare da ottobre, dei compiti di intelligenza artificiale in locale. I famosi modelli generativi locali inizieranno a girare sui nostri computer, che noi lo vogliamo o non lo vogliamo, quando faremo praticamente degli acquisti questi arriveranno in redazione, sappiamo della redazione, in altri ambiti, semplicemente così, in maniera inconscia.

E questo cosa significa? Significa che i grandi produttori di tecnologia, Apple e Microsoft in testa, stanno infondendo l’intelligenza artificiale nella nostra interfaccia con il computer. È un percorso che hanno fatto da sempre.

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