Cina: nuovo regolamento per incoraggiare e “indirizzare” l’intelligenza artificiale generativa

“Il 13 luglio la Cyberspace Administration of China – il principale sistema di controllo e censura di Internet del Paese – ha pubblicato le linee guida per regolamentare il settore dell’AI generativa, la cui entrata in vigore è stata fissata al prossimo 15 agosto”, volentieri pubblichiamo l’intervento dell’ avvocato Angelo Di Lorenzo di Avvocati Liberi, che analizza la situazione.

“In un articolo pubblicato su NT+Diritto del 26 luglio 2023 a firma di Paola Furiosi e Giulia Gialletti, membri di PwC TLS Avvocati e Commercialisti, si riconosce come la Cina sia passata in pole position nella corsa alla regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale, in particolare drll’AI Generativa, quella relativa alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

Si tratta, per la precisione, di un disciplinare a tutela specifica dei diritti di proprietà intellettuale, rivolta ai fornitori dei servizi di AI generativa che dovranno “rispettare i diritti di proprietà intellettuale e l’etica commerciale, proteggere i segreti commerciali e non praticare il monopolio o la concorrenza sleale sfruttando algoritmi, dati, piattaforme e altri vantaggi”.

Proprio la Cina parla di “etica”  come se storicamente fosse stata un esempio di rispetto e di riconoscimento dei diritti naturali e dei valori etici di carattere universale.

Così, con questo nuovo Regolamento, la Cina si distingue dal modello proposto dall’Unione Europea, il cd. AI Act (la cui approvazione definitiva dovrebbe arrivare a fine anno), poiché quello di Pechino è strettamente circoscritto all’AI Generativa, mentre quello europei si estende all’Intelligenza Artificiale nella sua globalità.

La Repubblica Popolare Cinese, con queste nuove regole, dichiara di voler “incoraggiare l’uso innovativo dell’AI generativa in diversi settori e campi, che generino contenuti positivi, sani ed edificanti di alta qualità”, nonché di sostenere imprese e istituti di formazione e ricerca, istituzioni culturali pubbliche e professionali che contribuiscono all’innovazione tecnologica dell’AI generativa.

In realtà la Cina, come suo solito, ha inteso rafforzare la propria sindrome da “controllo sociale” predisponendo regole per il nuovo strumento artificiale in quanto capace di influenzare l’opinione pubblica e di “mobilitare” il pubblico in un’ottica – a dire della propaganda cinese – di una maggiore trasparenza per gli operatori e di un uso “leale” degli algoritmi “rivolto al bene”.

Tutto si basa, a leggere tra le righe, su algoritmi orientati verso il bene…orientati da chi? e poi, di quale “bene” si tratta?

Di certo “lealtà commerciale”, la “trasparenza” e il “bene comune” sono, per la Repubblica Popolare cinese, concetti dal significato sideralmente opposto alla concezione culturale antropocentrica occidentale – almeno di quella che ne rimane – ma che vengono solo dichiarati in una carta per accreditarsi nel mercato della nuova corsa all’oro artificiale dell’AI che, secondo le stime di MarketsandMarkets, è potenzialmente in grado di raggiungere i 309,6 miliardi di dollari entro il 2026.

Ora, direi sia il caso di lasciar perdere il modello cinese una volta per tutte ed affrontare la questione della AI secondo il nostro modello costituzionale, tenendo a mente che particolari applicazioni della AI troveranno buone utilità in alcuni campi, ma non trascurando l’enorme pericolo di una spersonalizzazione dell’intelligenza umana, della fantasia individuale, dell’intuizione e della scoperta scientifica, che corrono seri rischi di appiattimento per effetto di predizioni basate su calcoli orientati capaci di condizionare le scelte personali in campo sanitario, economico, giuridico, familiare e finanche politico.

Non a caso Cina e Stati Uniti sono già in prima linea nell’investire risorse considerevoli nel settore, mentre, in tale panorama è ancora assente l’Italia, ma tutto sommato questa della AI è uno di quei casi in cui l’Italia, sempre indietro in tutto, può ritenersi fortunata ad essere il fanalino di coda, perché questa nostra posizione potrebbe salvarci dalla lobotomizzazione globale.

Avv. Angelo Di Lorenzo
Avvocati Liberi

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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